Le vie abbandonate dei ricordi dimenticati

Scena del film: Stand by Me – Ricordo di un’estate (Stand by Me)
1986

ESTATE 1959 OREGON

Quattro ragazzi spinti dal profumo dell’avventura decidono di mettersi in viaggio, i loro passi sono diretti
verso una linea ferroviaria dove si narra sia morto un uomo. Le rotaie di ferro battuto seguono la linea
retta che verso l’infino attraversa le desolate Terre dell’America. Camminano spensierati fino a quando il binario li costringe ad attraversare un grande ponte sopraelevato. I quattro amici camminano lentamente, in maniera goffa e titubante, Vern persino si china a gattoni preso dalle vertigini. Di colpo il ferro color ruggine inizia a tremare, un fischio assordante li assale e alle loro spalle una locomotiva si precipita verso il ponte.

Il grande racconto di Stephen King ha segnato l’adolescenza di tantissimi ragazzi, compresa la mia. Quel senso del viaggio, quel desiderio dell’avventura, la storia di un’amicizia che segna nell’animo ricordi eterni. Il grande quesito sul futuro che tutti nella vita abbiamo dovuto affrontare, dare un nome e scegliere una direzione. Più di tutti, questo piccolo ma grande racconto, libera dentro ognuno di noi la grande emozione della nostalgia per i tempi passati, per quei frammenti di ricordi che avidamente custodiamo e che solo in pochi momenti dedichiamo del tempo per riviverli. Questi ricordi spesso sono legati a persone con le quali abbiamo condiviso la bellezza dello stare insieme, sopraggiunge la consapevolezza di non esser più quelli di una volta e probabilmente ora osserveremo quel luogo con occhi diversi, adulti. Proprio per questo si ricerca una vita in una forma così estrema, correndo verso tutto per silenziare il tempo che passa, ricercando l’autenticità che ci fa sentire se stessi senza bisogno di aggiungere nulla. È il desiderio disperato di ritrovarsi un giorno nell’intimità della solitudine a respirare i profumi di quei giorni passati, di quelle emozioni vissute e condivise, di quei sorrisi spensierati.
Se anche te hai vissuto tutto questo allora c’è un’avventura che ti attende.

ESTATE 2023 EUROPA, PENISOLA IBERICA

Un giorno mi sono svegliato avvolto nel sacco a pelo, dentro una tenda, era molto presto, il sole ancora non era sorto anche se l’aurora già colorava il mondo con la sua luce. Attorno a me tutto appariva dipinto con le sfumature del color terra, rossiccio e marrone, si prospettava una giornata arida, tipica di queste zone.
Grandi colline tondeggianti ma irte circondano questa piccola vallata e io lì, abbracciato al suo interno.
Mi sono messo in cammino, la strada bianca e impolverata mi ha condotto fino ad una piccola stazione ferroviaria abbandonata. Fin da subito ho compreso che mi trovassi in un luogo molto particolare e speciale, non erano solo i colori e la nascita di un nuovo giorno, c’erano queste vibrazioni uniche e originali sotto i miei piedi; inoltre una stazione fuori dal paese, fuori dalla città, nel mezzo del nulla, nel centro della vallata in questo deserto, deve appartenere ad una storia profonda. Mi sentivo come se fossi in un’angolo di mondo ancora non scoperto.

Tutto il comprensorio era chiuso e sigillato da tanti anni. Sembrava quasi che da un giorno all’altro le persone semplicemente avessero smesso di recarsi in stazione oppure forse il contrario, è stato il treno a non passare più. Fatto sta che tutto era rimasto come al tempo: numerose le scritte sbiadite sull’intonaco usurato dall’umidità, antichi cartelli segnaletici stanno inverno dopo inverno invecchiando, mangiati dalla ruggine scura e spietata.


Non c’era nessuno, nessuna persona aspettava il treno, le panchine ricoperte di polvere attendevano,
abbandonate, l’arrivo di un qualcosa che anche oggi non sarebbe passato.
Scrutando tra l’erba ormai alta, eccola, la rotaia, ecco le due linee parallele e infinite di ferro, arrugginite anch’esse dal tempo, attraversano la piccola stazione in mattone a vista, di quello rosso scuro, per poi proseguire nelle due direzioni opposte: una corre verso est, l’altra si dirige a ovest.
Un ammasso di ferro e pietra si potrebbe dire, quello è.
Un vecchio sistema di vita e movimento, ora morto, dimenticato dagli stessi creatori, privo della vita che
lo stesso uomo era stato in grado di concedergli.

Così ho deciso di intraprendere una strada, muoversi verso di essa, un passo dopo l’altro, seguire quelle
linee di ruggine era come seguire l’orizzonte. “Chissà cosa ci sarà oltre quella collina” e così ho scoperto che c’era molto di più lungo un’antica e abbandonata strada ferrata.

Un passo dopo l’altro tra rupi e versanti che aprono la vista a vallate scavate da antichissimi fiumi. Il
pietrame ricopriva ancora la base della ferrovia creando una lunga lingua luccicante sotto i raggi del sole
ormai alto.


Di colpo, una grande ombra ha tagliato la lunga e infinita via che indicava la direzione del cammino. Ho
alzato lo sguardo fissi sui piedi, seguiti con cura dagli occhi per evitare d’inciampare tra un’asse di legno imbarcata e l’altra.

Davanti a me un’imponente parete rocciosa a picco sul percorso. Attorno solo dirupi scoscese e
fitti versanti ricoperti di vegetazione. Così l’oscurità di una galleria era l’unico passaggio per la lunga
via. Il buio più assoluto inghiottiva tutta la luce di quella giornata e un odore umido e forte ha pervaso
l’olfatto suscitando sensazioni mai provate prima. La linea di ferro proseguiva diritta a capofitto proprio
nel centro della galleria scomparendo oltre gli ultimi raggi di luce e polvere. Cercare di aggirare il
percorso risultava impossibile, troppo impervio. Respirando a fondo, ho mosso lentamente un passo
dopo l’altro verso la bocca dell’oscurità. Pochi metri e quel mondo di spazi infiniti sotto al cielo estivo si è
ridotto alla vista sfocata dei piedi sui binari.

L’oscurità mi avvolge! Gli altri sensi si sono attivati amplificando ogni profumo e ogni rumore. Ho sentito un pipistrello volare in direzione confusa da una parte all’altra della galleria, non ci è voluto molto per accorgermi della moltitudine degli esseri che vivevano al suo interno.
L’eco dei passi nelle gallerie può risultare tanto assordante da confondere la percezione del tempo. Non
sai mai quanto tempo vi trascorri all’interno ma quando un fiammifero di luce compare sul fondo ecco
che si rivive l’esperienza della rinascita, del risveglio, del ritorno alla bellezza. La luce ritornava ad accarezzare ogni centimetro del mio corpo fino al punto di dover socchiudere le palpebre per poter proseguire senza scivolare.


Una volta fuori le sorprese di quel cammino così insolito non sono terminate. La luce apriva la porta su un
nuovo quadro totalmente distinto da tutto quello assaporato fino a quel momento.
Un ponte di legno e acciaio mangiato dal tempo collegava la montagna appena attraversata con il
versante affianco, sfidando la forza del vuoto. Le assi di legno per sostenere la ferrovia erano collocate
a 30 centimetri l’una dall’altra ed è bastato un secondo perché le vertigini venissero stuzzicate dalla profondità della conca.
La linea di ferro non si poteva fermare nemmeno davanti a quell’abisso, così un grande ponte era stato
costruito, è proprio qui che mi sono sentito come Gordie di Stand By Me, terrorizzato e elettrizzato allo stesso tempo nell’atto di compiere quella traversata.
Il primo passo ha fatto cigolare le prime assi, un sussulto. Pensare che un tempo un’intera locomotiva sfrecciava su quel legno ha dell’incredibile. Lo stupore è tale da non potermi fermare, proseguire camminando su quella creazione ferma nel tempo è una spinta che va oltre al razionale.
Quel ponte così abbandonato tra i due versanti resiste, non manca del suo scopo: unire due punti nati
distanti, ciò che si conosce da ciò che dovrà ancora venire.

Chissà se passerà proprio in quel momento il prossimo treno.


Un’antica ferrovia, costruita nel 1800 e rimasta in funzione per cent’anni attraversa orizzontalmente parte
della penisola Iberica.
Una costruzione ingegneristica di grande complessità.
Un territorio montuoso, attraversato da grandi fiumi profondi che scorrono nel fondo delle strette vallate
circondate da speroni di roccia metamorfica.
Tutti questi elementi hanno portato l’uomo a progettare un’opera grandiosa, un monumento a cielo aperto. In venti chilometri ci sono oltre a venti gallerie e i ponti le uguagliano di numero. Tutto attorno la natura selvaggia, incontaminata, il silenzio di un passato che ora è solo ricordo, un ricordo segnato da questa ferrovia che segna la via, indica il passaggio, accende l’immaginazione e permette di compiere un grande viaggio su di essa.

Incisione raffigurante la locomotiva e uno dei ponti presenti in questo tramo.


È stata una grande scoperta, lentamente la curiosità e la voglia di esplorare ogni angolo nascosto di
queste terre mi sta regalando grandi itinerari che spero presto di condividere con chi allo stesso modo
nutre nel cuore i ricordi dei tempi in cui bastava una storia per vivere un’avventura.
Se sei curioso di scoprire questo luogo magico resta aggiornato perché seguiranno articoli e proposte che ti condurranno fin qui!

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